Lascia che (ac)cada / parole per una nascita

“Datemi il frutto maturo d’autunno, così succoso e rosso nel frutteto.” (Walt Whitman)

Chiamati ad essere genitori per prima cosa aspettando. Una sfida. Aspettami nove mesi, aspetta che cresca, aspetta che arrivi, aspettami che nasco (se ne hai / ti concedono la pazienza). Aspetta e vedrai… Ma aspettare non basta soltanto, insieme all’attesa ci va fiducia.

Abbi fiducia, dammi il tempo, abbi fede, lascia spazio alla sorpresa.

Lasciati sorprendere dal mio arrivo, dal corpo che lo annuncia e lo concede, lasciaci il beneficio dello stupore, nel sorprenderci entrambi, in mezzo a un processo già deciso, già scritto, eppure sempre nuovo. Non cercarmi come si cerca una soluzione, non cercare soluzioni come si cerca riparo. Senza cercarmi, ci troveremo insieme.

Ti diranno dei tempi, ti daranno dei modi, ti indurranno a pensare ci sia un tempo “giusto”. Un tempo entro il quale nascere, entro il quale crescere, entro il quale andare.

Come fosse pensabile che i frutti di un albero maturino tutti insieme.

Come fosse calcolabile l’amore necessario a svegliarci dalla gestazione.

Non credere che non sappia, che non partecipi e non decida.

E quando mi senti presente e senti che ascolto non approfittarne per consigliarmi cosa è meglio , qual’ è il problema da evitare, il rischio da imparare, la lezione del giorno. Quando mi senti partecipe in un lampo di presenza, tu rinuncia. Rinuncia proprio in quel prezioso attimo a imboccarmi e abbi fiducia.

Lascia stare, lascia che accada quel che deve accadere, non dirmi sempre la strada, potrò così forse indicartene una nuova.

E poi, mamma, cadiamo. Insieme.

Cambia il vento, lasciati stupire dal suo arrivo inatteso.

C’è tra la tua forza ragionata e il mio essere spontaneo un gioco di equilibrio sottile che puoi lasciare che (ac)cada. Non devi pensare di andare, di raggiungere, stai e scendi.

Scendere a volte porta dolore, ma tu questo lo sai, come lo sanno tutti gli alberi che hanno fatto scendere le loro radici nella terra.

Ti chiederò fatica e una forma inattesa di apparente indolenza, dal primo concepirmi come pensiero fino al primo bacio prima di vedermi partire.

Nel sonno, tra le lacrime, ti ho sentito sussurrare quello che vorresti, per me, per te, per tutto. Non ti chiedo di smettere di desiderare o sperare, ma di concederti fino in fondo la possibilità di restare rinunciando a quello che vorresti, per un po’.

I tuoi desideri permangono, sopra e intorno a noi, sempre nuovi e diversi…ma io ti chiedo: ora resta e lascia ac-cadere.

L’impegno che metti nel pregare una formula di apparente risoluzione, mettilo nello scendere fino a me e poi un po’ oltre, col solo scopo di tenerci compagnia, senza una meta o un impegno prefissato, solo tu e io, mamma, solo un po più a fondo, dentro, con gioia e senza pretese. Io da lì ti farò una sorpresa.

“E noi, che pensiamo alla felicità come a qualcosa che sale, sentiremmo l’emozione, che quasi ci sgomenta, di quando una cosa felice cade.”

“Und wir, die an steigendes Glück denken, empfänden die Rührung, die uns beinah bestürzt, wenn ein Glückliches fällt”.

(Rainer Maria Rilke / Decima Elegia . Elegie Duinesi)

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